Il cervello cambia con le stagioni, questa è una delle ultime scoperte della scienza: cosa accade in particolare in autunno
Come ben si sa, il cervello umano cambia di “potenza” a seconda delle stagioni in cui si trova. Ciò porta delle conseguenze estremamente importanti sul trattamento di malattie come l’Alzheimer. Infatti, i periodi dell’anno, solitamente hanno delle proprie trasformazioni, non solo per quanto riguarda la temperatura. Ma porta anche cambiamenti sulla quantità di luce e sui processi cognitivi.
Lo studio sulle stagioni potrebbe essere di vero aiuto per tutti i pazienti malati di Alzheimer. In quanto, secondo quello che rileva uno studio pubblicato su PLOS Medecine, la cognizione di tutti gli anziani subisce dei miglioramenti in estate e anche in autunno. Invece, quando sopraggiunge l’inverno, gli anziani tendono a peggiorare sotto quel punto di vista. Anche la primavera non porta ottimi risultati, in particolare nell’emisfero settentrionale.
Lo studio delle stagioni sul cervello in aiuto ai malati di Alzheimer
Negli anni i ricercatori hanno raccolto molti dati su circa 3.353 partecipanti di ben tre studi osservazionali e anche di due studi clinici in America, in Francia e in Canada. Ma sono stati effettuati dei test anche su pazienti deceduti. Ad ognuno viene dato un test neuropsicologico e ad un sottogruppo invece, viene verificato il liquido cerebrospinale, utile per i biomarcatori della malattia. Nonostante siano stati considerati tanti fattori, tra cui il sonno, la depressione e anche l’attività fisica, lo studio dimostra che, il cambiamento di stagione influenza in maniera significativa.
I risultati ottenuti dagli studi sono un importante bagaglio per ottenere nuovi aiuti per i pazienti affetti da Alzheimer. Per esempio, potrà essere possibile sfruttare le funzioni cognitive per tutto l’intero anno attraverso cure e trattamenti incentrati su questa malattia. Nonostante ciò, ancor oggi, non è chiara la ragione per cui, le stagioni abbiano un ruolo così decisivo nella cognizione. I ricercatori hanno ipotizzato che, la luce, la temperatura, ma anche un ottimo apporto di vitamina D, possano in qualche modo influire sulla cognizione dei pazienti. La ricerca continua, sempre in attesa di nuove conferme e nuovi modi per curare questa brutta malattia.